Washington's foreign policy elites are very much in favor of "regime change" as a way to deal with opposing governments. Allies in Europe obviously share this view.
Some now want to see if the strategy can work to depose Russian President Vladimir Putin and end the war in Ukraine with a Kiev victory.
Others even advocate regime change in China.
Either way, the strategy would likely be catastrophic.
In 1953, the CIA worked with the British government to remove the democratically elected, but sometimes uncooperative, Iranian Prime Minister Mohammad Mossadegh and restore the autocratic Shah to power. Such international targets have reached double-digit numbers over the decades. Recent opponents eliminated include Saddam Hussein in Iraq, Muammar Gaddafi in Libya, and last year Bashar al-Assad in Syria.
Barack Obama aided, perhaps even organized, anti-government protesters' attempts to depose Ukraine's elected pro-Russian president, Viktor Yanukovych, in 2014.
Apparent short-term successes often become long-term fiascos.
Gaddafi's ouster transformed Libya into a chaotic cauldron, where even credible reports of open-air slave markets for Black African refugees circulated.
Mossadegh's overthrow helped pave the way for the current repressive Islamist regime, fueling lingering hatred of the United States.
Yanukovych's weakening highlighted America's growing contempt for Moscow, which viewed Ukraine as crucial to Russian security. Repeated warnings from Putin and his aides that NATO's continued expansion toward Russia's border, particularly attempts to make Ukraine a NATO member or asset, would cross a clear red line, went unheeded. The Kremlin's subsequent military actions against Ukraine have in turn led to the start of a dangerous proxy war between NATO and Russia.
Too many Western hawks have failed to learn that, even when regime change is feasible against relatively small and weak adversaries, it does not work against large and powerful countries. Moreover, even attempting such coercive moves is risky, with the risk of a conflict that could equal or surpass the horrors of the two world wars.
Western hardliners are focused more on strengthening Washington's informal commitment to defend Taiwan than on fomenting regime change in the PRC itself.
This caution is not as evident regarding regime change in Russia. It should be of greater concern that Volodymyr Zelensky is openly lobbying for the goal of overthrowing Putin. Given Donald Trump's notoriously impulsive nature, concerns about US intentions are justified.
Russia and the People's Republic of China are great powers in their own right, capable of mounting extremely damaging diplomatic, economic, and even military countermoves against the United States. Above all, both countries possess nuclear arsenals that could inflict enormous damage on the United States.
US political and strategic elites must abandon these irresponsible regime change fantasies.
(https://www.theamericanconservative.com by Ted Galen Carpenter)
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SettimanaNews |
Chi vuole un cambio di regime a Mosca e a Pechino ci butta nella guerra nucleare
Le élite della politica estera di Washington sono molto favorevoli al "cambio di regime" come metodo per trattare i governi avversari. Gli alleati in Europa ovviamente lo condividono.
Alcuni ora vogliono vedere se la strategia possa funzionare per deporre il presidente russo Vladimir Putin e porre fine alla guerra in Ucraina con una vittoria di Kiev.
Altri propugnano addirittura un cambio di regime in Cina.
In entrambi i casi, la strategia sarebbe probabilmente catastrofica.
Nel 1953, la CIA collaborò con il governo britannico per rimuovere il primo ministro iraniano democraticamente eletto, a volte poco collaborativo , Mohammad Mossadegh, e riportare al potere lo Scià autocratico. Tali obiettivi internazionali nel corso dei decenni hanno raggiunto un numero a due cifre. Tra i recenti avversari eliminati figurano Saddam Hussein in Iraq, Muammar Gheddafi in Libia e l'anno scorso Bashar al-Assad in Siria.
Barack Obama aiutò, forse persino organizzò, i tentativi dei manifestanti antigovernativi di deporre il presidente filo-russo eletto in Ucraina, Viktor Yanukovich, nel 2014.
Gli apparenti successi a breve termine diventano spesso fiaschi a lungo termine.
L'eliminazione di Gheddafi ha trasformato la Libia in un calderone caotico, dove sono circolate persino notizie attendibili di mercati di schiavi a cielo aperto per i rifugiati neri africani.
Il rovesciamento di Mossadegh ha contribuito ad aprire la strada al potere per l'attuale regime islamista repressivo, alimentando un odio persistente verso gli Stati Uniti.
L'indebolimento di Yanukovich ha evidenziato il crescente disprezzo americano per Mosca, secondo cui l'Ucraina era cruciale per la sicurezza russa. I ripetuti avvertimenti di Putin e collaboratori sul fatto che la continua espansione della NATO verso il confine russo , in particolare i tentativi di rendere l'Ucraina un membro o una risorsa della NATO, avrebbe oltrepassato una netta linea rossa , sono rimasti inascoltati . Le conseguenti azioni militari del Cremlino contro l'Ucraina hanno a loro volta portato all'inizio di una pericolosa guerra per procura tra NATO e Russia.
Troppi falchi occidentali non hanno imparato che, anche quando un cambio di regime è fattibile contro avversari relativamente piccoli e deboli, non funziona contro paesi grandi e potenti. Inoltre, è azzardato anche solo tentare mosse così coercitive, con rischi di conflitto che potrebbe eguagliare o superare gli orrori delle due guerre mondiali.
I sostenitori della linea dura in Occidente si concentrano più sul rafforzamento dell'impegno informale di Washington a difendere Taiwan che sul fomentare un cambio di regime nella RPC stessa.
Tale prudenza non è altrettanto evidente circa il cambio di regime in Russia. Dovrebbe destare maggiore preoccupazione il fatto che Volodymyr Zelensky stia apertamente facendo pressioni affinché perseguano l'obiettivo di rovesciare Putin. Data la natura notoriamente impulsiva di Donald Trump, le preoccupazioni sulle intenzioni degli Stati Uniti sono giustificate.
Russia e Repubblica Popolare Cinese sono grandi potenze a tutti gli effetti, capaci di organizzare contromosse diplomatiche, economiche e persino militari estremamente dannose contro gli Stati Uniti. Soprattutto, entrambi i Paesi possiedono arsenali nucleari che potrebbero infliggere danni enormi agli USA.
Le élite politiche e strategiche statunitensi devono abbandonare queste irresponsabili fantasie di cambio di regime.
(https://www.theamericanconservative.com by Ted Galen Carpenter)
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