Tutti hanno un codice etico,tutti sono sostenibili e tutti amano il consumatore. Dall'alimentare alla moda,dai cosmetici ai farmaci, dagli industriali ai venditori.Ecco la nuova professione,dopo il digitale:l'etica recitata nel marketing.
La promessa di "responsabilità verso il pianeta e contro lo sfruttamento " aumenta automaticamente il prezzo dell'oggetto, comprato o sul bancone o su internet. L'on line supererà presto il 50% del venduto e così l'acquirente ,solo davanti al computer e alle domande standard, preconfezionate dallo stesso trader,sarà ancora più nudo.
Il made in Italy ,ormai brand, pur privo di definizione certa e univoca, si ridurrà sul monitor ad un Italian sound,ingannevole. Jack Ma(Alibaba) ha appena confermato che i falsi possono essere meglio degli originali. Infatti, i medesimi produttori offshore di componenti e materiali per le griffe occidentali confezionano,poi e in proprio,identici capi di vestiario, con o senza etichetta imitata.E prezzi più giusti.Lo sapevamo, lo pratichiamo qui da più tempo . Secondo le cronache di nera,dal napoletano ad altri distretti,l'Italia occupa i primi posti del falso nel mondo.
Reshoring? Certo,ma in che percentuale? Piccola piccola nei fatti e grandissima nella comunicazione a media e blogger.
La Commissione Europea informa che "un'asserzione ambientale può essere fuorviante se contiene false informazioni" e definisce scorretto il composto eco-pelle affibbiato a scarpe ,borse, divani etc. in materiale plastico. Perchè? Fa credere in un 'origine animale e in una performance ecologica omologata. Celebri firme con sede a Milano adottano il termine senza alcun diritto. Alcune aderiscono ad una "Carta"di distributori,scritta per contrastare la contraffazione on line, di cui ho sentito vanto pochi giorni fa davanti a un pubblico di giornalisti meneghini . Mi sono letto l'elenco dei suoi sostenitori. Rappresentanze di operatori,creduti simbolo del nostro Paese, che fanno lavorare e si approvvigionano all'estero;ma ne tacciono,occultando la realtà a chi se ne serve.
Il consumatore on line con un clic vuole acquistare presto e bene.Gli mancano tempo e soldi per indagare,controllare,avviare un contraddittorio,sostenere un contenzioso sulla lealtà di chi gli ha spedito il manufatto. "Si può rivolgere ad un'associazione",la prima risposta da me ricevuta. So per esperienza diretta che tali organismi raccolgono solitamente la minoranza del settore,talora legata ad interessi di terzi.
Insomma, si naviga a vista in un mare di offerte scaltre e poco trasparenti. Imporre chiarezza? E chi la regolerebbe e gestirebbe? Produttori di un made in Italy fasullo,promotori di trucchi lessicali, burocrati della P.A.,funzionari di compagini private autoreferenziali?Chi consuma on line resterà la parte contraente debole, a meno che si riesca ad ottenere il massimo grado di concorrenza e il minimo intervento statale.Un sogno.
Today all marketing men are used to tout their own business morals.When they promise "responsability to the planet and the labour" the final price raises either in the shop and on line.The latter is booming. A lonely buyer in front of his desktop is much more unprotected. Jack Ma(Alibaba) believes that an imitation made from an offshore supplier of Western brands could be better than the original item.Italy is one of the most counterfeiter in the world,as Naples shows. Reshoring from European producers? It is small in number and great on mass media. The European Commission has censured the untrue assertions about green qualification of items,like "ecopelle(ecoleather)"marked on fashion goods made by synthetic materials.But very famous Italian stylists do it and many Italian firms have hived off the production of their distinguished articles abroad. Nobody discloses in advance the true meaning of "ecoleather" or the true origin of his bags,shoes etc.So who buys on line still is the weaker contracting party. The solution may be is to increase the competition and reduce the political interferences.A dream!
La promessa di "responsabilità verso il pianeta e contro lo sfruttamento " aumenta automaticamente il prezzo dell'oggetto, comprato o sul bancone o su internet. L'on line supererà presto il 50% del venduto e così l'acquirente ,solo davanti al computer e alle domande standard, preconfezionate dallo stesso trader,sarà ancora più nudo.
Il made in Italy ,ormai brand, pur privo di definizione certa e univoca, si ridurrà sul monitor ad un Italian sound,ingannevole. Jack Ma(Alibaba) ha appena confermato che i falsi possono essere meglio degli originali. Infatti, i medesimi produttori offshore di componenti e materiali per le griffe occidentali confezionano,poi e in proprio,identici capi di vestiario, con o senza etichetta imitata.E prezzi più giusti.Lo sapevamo, lo pratichiamo qui da più tempo . Secondo le cronache di nera,dal napoletano ad altri distretti,l'Italia occupa i primi posti del falso nel mondo.
Reshoring? Certo,ma in che percentuale? Piccola piccola nei fatti e grandissima nella comunicazione a media e blogger.
La Commissione Europea informa che "un'asserzione ambientale può essere fuorviante se contiene false informazioni" e definisce scorretto il composto eco-pelle affibbiato a scarpe ,borse, divani etc. in materiale plastico. Perchè? Fa credere in un 'origine animale e in una performance ecologica omologata. Celebri firme con sede a Milano adottano il termine senza alcun diritto. Alcune aderiscono ad una "Carta"di distributori,scritta per contrastare la contraffazione on line, di cui ho sentito vanto pochi giorni fa davanti a un pubblico di giornalisti meneghini . Mi sono letto l'elenco dei suoi sostenitori. Rappresentanze di operatori,creduti simbolo del nostro Paese, che fanno lavorare e si approvvigionano all'estero;ma ne tacciono,occultando la realtà a chi se ne serve.
Il consumatore on line con un clic vuole acquistare presto e bene.Gli mancano tempo e soldi per indagare,controllare,avviare un contraddittorio,sostenere un contenzioso sulla lealtà di chi gli ha spedito il manufatto. "Si può rivolgere ad un'associazione",la prima risposta da me ricevuta. So per esperienza diretta che tali organismi raccolgono solitamente la minoranza del settore,talora legata ad interessi di terzi.
Insomma, si naviga a vista in un mare di offerte scaltre e poco trasparenti. Imporre chiarezza? E chi la regolerebbe e gestirebbe? Produttori di un made in Italy fasullo,promotori di trucchi lessicali, burocrati della P.A.,funzionari di compagini private autoreferenziali?Chi consuma on line resterà la parte contraente debole, a meno che si riesca ad ottenere il massimo grado di concorrenza e il minimo intervento statale.Un sogno.
Today all marketing men are used to tout their own business morals.When they promise "responsability to the planet and the labour" the final price raises either in the shop and on line.The latter is booming. A lonely buyer in front of his desktop is much more unprotected. Jack Ma(Alibaba) believes that an imitation made from an offshore supplier of Western brands could be better than the original item.Italy is one of the most counterfeiter in the world,as Naples shows. Reshoring from European producers? It is small in number and great on mass media. The European Commission has censured the untrue assertions about green qualification of items,like "ecopelle(ecoleather)"marked on fashion goods made by synthetic materials.But very famous Italian stylists do it and many Italian firms have hived off the production of their distinguished articles abroad. Nobody discloses in advance the true meaning of "ecoleather" or the true origin of his bags,shoes etc.So who buys on line still is the weaker contracting party. The solution may be is to increase the competition and reduce the political interferences.A dream!
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